Emerita. Revista de Lingüística y Filología Clásica 92 (1)
ISSN-L: 0013-6662, eISSN: 1988-8384
https://doi.org/10.3989/emerita.2024.1299

Sulle orme di Seneca il Vecchio: la Dictio 23 (= 467 V.) di Ennodio

In the Footsteps of Seneca the Elder: Ennodius’ Dictio 23 (= 467 V.)

 

1. Introduzione

 

La Dictio 23 (= 467 V.) di Ennodio è presenta come un breve testo declamatorio su un fatto di sangue avvenuto nell’ambito familiare: un figlio ha ucciso il padre che lo aveva ripudiato, si è scagliato contro la madre e ha danneggiato il fratello minore1Per uno studio complessivo sull’opera di Ennodio, oltre a Magani (1886), vd. Gasti (2022), Kennell (2000). Per un sintetico e aggiornato profilo vd. Cristini (2021); sulla lingua di Ennodio vd. Hernández Lobato (2023). La Dictio 23 è tradizionalmente ascritta, a partire da Sirmond (1611), alla serie delle controuersiae di Ennodio, sulle quali vd. Fini (1982-1984), Finn (1941), Kennell (2000, pp. 74-79, 152-163), Marconi (2022), Navarra (1972), Schröder (2003), Schröder (2007, pp. 47-48).. Il discorso, che si presenta come la replica alla difesa del figlio, propone una sezione centrale in cui la madre stessa sembra prendere la parola a favore della propria onorabilità e del figlio minore. Il testo conserva molti punti oscuri per quanto riguarda l’interpretazione, ma ciò che attrae soprattutto l’attenzione del lettore è la centralità della figura della donna. In particolare, nella sezione mediana del testo (par. 2), è tematizzato il motivo dell’onorabilità femminile che appare ancora più enfatizzato, poiché è la madre stessa a sostenere in prima persona tale punto di vista2Vd. l’Appendice per il testo e la traduzione della dictio.. Se nell’esordio (par. 1) e nella chiusa (par. 3) la persona loquens potrebbe essere un generico declamatore, qui la protagonista femminile prende direttamente la parola e propone la sua dolorosa esperienza. Nell’ambito declamatorio, tuttavia, l’espressione delle voci femminili non è affatto usuale, poiché in questa tipologia testuale, in ambito sia greco sia latino, la presenza delle donne è generalmente mediata da declamatori fittizi di genere maschile. A Roma, dove il dominante modello culturale e sociale prevede che la donna non prenda la parola in pubblico, negli esercizi retorici e nei testi letterari la donna diviene una personata uox, un personaggio sempre costruito attraverso la mediazione di un uomo, sia esso l’autore o il portavoce3Sulla categoria interpretativa di personata uox vd. Bettini e Guastella (1995), che trattano di «voci di uomini che danno la parola a una donna, voci di donne che parlano un po’ alla maniera degli uomini» (p. 368). Ci sentiamo in sintonia con le osservazioni degli autori (Bettini e Guastella, 1995, p. 343) a proposito del fatto che, anche nel presente lavoro, la nostra analisi sovrappone un ulteriore punto di vista maschile a un testo che tocca in profondità l’identità femminile..

Nella tradizione retorica, infatti, il declamatore fittizio può essere identificato con vari personaggi maschili: l’accusato o l’accusatore, un suo familiare o l’avvocato che rappresenta un cliente. Nei casi del familiare e dell’avvocato questi possono sostituirsi a un’accusata o a un’accusatrice anche citando discorsi della donna per rinforzare la sua caratterizzazione o sottolineare la letterarietà e la finzionalità del testo4Su questi problemi vd. Mal-Maeder (2007, pp. 41-64).. La declamazione rimane, dunque, un mondo essenzialmente maschile in cui le parole delle donne sono sempre filtrate attraverso un declamatore uomo5Vd. Mal-Maeder (2007, pp. 95-107).. Anche le cosiddette controuersiae di Ennodio (Dict. 14-23) non sembrano distaccarsi da questa consuetudine, poiché prevedono un declamatore uomo, mentre le donne possono comparire come accusata (la feroce nouerca della Dict. 15 = 222 V.)6Su questa Dictio vd. Raschieri (2022). o come vittime di soprusi da parte dell’accusato (le vergini vestali della Dict. 16 = 223 V. o della Dict. 22 = 380 V.). In questi testi, a differenza della Dict. 23, non sono mai riportare le parole delle donne per la cui caratterizzazione basta la descrizione delle terribili azioni o della silente condizione di completa subordinazione. I discorsi delle donne sono invece al centro di un altro esercizio progimnasmatico ben rappresentato nel corpus ennodiano, quello delle etopee (Dict. 24-28, le cosiddette dictiones ethicae) in cui, tra i personaggi mitologici che prendono la parola, troviamo: Teti quando Odisseo scoprì Achille nascosto a Sciro (Dict. 25 = 220 V.); Giunone quando vide che Anteo ed Ercole erano pari per forza (Dict. 27 = 436 V.); Didone alla partenza di Enea da Cartagine (Dict. 28 = 466 V.)7Su quest’ultimo testo vd. Pirovano (2010)..

Se è vero che la tradizione retorica di tipo declamatorio e progimnasmatico rifletteva la cultura patriarcale romana e, al contempo, contribuì al suo rafforzamento e alla sua propagazione, non occorre dimenticare che Ennodio visse in una società profondamente diversa da quella di età augustea e della prima età imperiale. Gli studi sulla condizione femminile in età tardoantica hanno, ormai da tempo, evidenziato i cambiamenti nello status sociale delle donne e la loro maggiore autonomia anche in campo giuridico8Vd. in particolare Arjava (1998, pp. 230-256).. L’azione delle donne era sì sottoposta a specifiche limitazioni, come il fatto che non potessero intervenire in un processo a nome di altre persone o assumere un ruolo politico attivo, ma ciò, in linea di principio, non impediva loro di sostenere accuse in tribunale anche in prima persona nel caso che le cause riguardassero loro interessi personali. In quest’epoca, dunque, non era preclusa alle donne la possibilità di avviare procedimenti giudiziari, comparire come testimoni, prendere direttamente la parola in tribunale, anche se il modello culturale e sociale privilegiato per le donne era ancora quello di una vita ritirata e di una condotta appropriata secondo i canoni tradizionali9Vd. Arjava (1998, pp. 243-247)..

A proposito della Dictio 23, dunque, discuteremo l’ipotesi che un declamatore uomo si faccia portavoce di istanze femminili attraverso la citazione delle parole della donna o la possibilità che il declamatore fittizio possa essere identificato con un’unica voce femminile. Certo, Ennodio in questo testo si pone sulla scia della più autorevole e illustre produzione declamatoria, poiché mostreremo, in modo originale rispetto agli studi precedenti, che l’autore riprende e sviluppa un tema già presente in Seneca il Vecchio (Contr. VII 5). Ennodio, dunque, grazie a queste strategie retoriche e letterarie, nonostante sia il portatore di una soggettività autoriale maschile, fortemente ancorata alla tradizione retorica e scolastica, si dimostra capace di dare spazio e rilievo a una figura femminile che è rappresentata non tanto come moglie e madre, ma come personaggio la cui potenza tragica risiede nel suo essere donna.

2. Tradizione manoscritta e annotazioni filologiche

 

La Dictio 23 si trova in una posizione defilata dal punto di vista testuale, poiché nel corpus ennodiano, come è testimoniato nei due manoscritti più antichi e autorevoli, il Bruxellensis 9845-48 (prima metà del IX sec.) e il Vaticanus latinus 3803 (prima metà del IX sec.), occupa il penultimo posto prima della conclusiva Epist. IX 35 (= 468 V.)10Bruxelles, KBR (olim Bibliothèque Royale Albert Ier), 9845-48 (B), foll. 205v-206r.; Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 3803 (V), fol. 156v. Per un’aggiornata messa a punto sulla tradizione testuale di Ennodio vd. Rohr (1995, pp. 64-169), Gioanni (2006, pp. CXXXIII-CLXXXI).. In questa posizione il testo poteva essere soggetto facilmente a perdite e danneggiamenti11Manca, infatti, nei seguenti manoscritti: El Escorial, Real Biblioteca, d-III-22; London, British Library, Royal MS 8. E. IV; Milano, Biblioteca Ambrosiana, D 117 sup.; Troyes, Bibliothèque Municipale, 461 (I 22); Troyes, Bibliothèque Municipale, 658 (E 45); Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Ott.lat.687; Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Ott.lat.2366. Il testo risulta molto rovinato e di difficile lettura nel codice manoscritto León, Biblioteca de la Catedral, 33.. Questa Dictio si trova isolata anche rispetto agli altri testi tradizionalmente denominati, a partire dall’editore seicentesco Sirmond, come dictiones controuersiae e ora, più correttamente, individuati da Marconi come esercizi progimnasmatici del tipo del κοινὸς τόπος / locus communis12Sirmond (1611), Marconi (2022, pp. 22-23). Per un approfondimento vd. infra par. 4.. All’interno del corpus ennodiano, infatti, esso è distante dagli altri testi simili. Basti a questo proposito notare i numeri d’ordine nell’edizione di Vogel: gli altri loci communes si leggono tra i numeri 221 e 278, mentre la Dictio 23 corrisponde al numero 46713Vogel (1885): nn. 221 (Dict. 14), 222 (Dict. 15), 223 (Dict. 16), 239 (Dict. 17), 243 (Dict. 18), 261 (Dict. 19), 278 (Dict. 20)..

Tuttavia, questa Dictio segue immediatamente un altro testo fortemente connotato dal punto di vista progimnasmatico, la Dictio 28, un’etopea parafrastica, in cui Ennodio riscrive e amplifica dal punto di vista retorico il patetico discorso di Didone a Enea in procinto di partire da Cartagine (vv. 365-387 del IV libro dell’Eneide)14Per un’analisi puntuale vd. Pirovano (2010). Sirmond (1611) antepose al testo il titolo Verba Didonis cum abeuntem uideret Aeneam.. Oltre alla comune matrice retorica e scolastica non ci sono altri elementi che dal punto di vista formale accomunino i due testi15Su possibili legami tematici vd. infra par. 6.. Al massimo si può ricordare che anche la Dictio 28, per la sua connotazione parafrastica, costituisce un esempio isolato rispetto alle altre ἠθοποιίαι/allocutiones di Ennodio16Per quanto riguarda la loro distribuzione all’interno del corpus ennodiano questi testi sono più omogenei rispetto ai loci communes: Vogel (1885) nn. 208 (Dict. 24), 220 (Dict. 25), 414 (Dict. 26), 436 (Dict. 27), 466 (Dict. 28).. Tenui sono anche i legami con il testo che segue la Dictio 23, una lettera inviata da Ennodio all’amico —e probabilmente parente— Flavio Ennodio Messala (Epist. IX 35 = 468 V.) e che occupa l’ultima posizione nel corpus ennodiano17Su Flavio Ennodio Messala vd. PLRE II, pp. 759-760. Egli era figlio del senatore romano Flavio Anicio Probo Fausto (console nel 490) ed Ennodio aveva composto un epigramma in occasione del suo consolato nell’anno 506 (Carm. II 32 = 140 V.). Oltre a numerose lettere di Ennodio all’amico, si conserva uno scambio poetico tra i due con un epigramma di Messala e le risposte in versi di Ennodio (Carm. II 144-146 = 371-373 Vogel). Sui rapporti tra Ennodio e la famiglia di Messala vd. Kennell (2000, pp. 16, 31, 129, 141-146, 165-166); in particolare, sul matrimonio di Messala vd. Kennell (2000, pp. 145-146). Sui possibili legami di parentela tra Ennodio e la famiglia di Messala vd. anche Gioanni (2006, pp. XIII-XVI). Sui parenti di Ennodio vd. Marconi (2013, pp. 137-141); la studiosa propende per l’ipotesi di una parentela tra Ennodio e Messala.. L’unico elemento che accomuna i due testi è il tema della famiglia e del matrimonio: Ennodio rimprovera all’amico di aver trascurato la loro amicizia di antica data a causa del prossimo matrimonio con una ricca sposa (par. 2, de sola amicos ueteres futurae uxoris opulentia contemnis, «disprezzi i vecchi amici solo per la ricchezza della futura sposa»)18Su questo testo vd. Schröder (2007, pp. 59-60, a proposito dello stile prolisso della lettera, e p. 220, sui rimproveri di Ennodio ai corrispondenti che non rispondono alle sue lettere). Sul matrimonio di Messala vd. anche Ennod., Epist. IX 26 (= 454 V.).. Sembra, tuttavia, eccessivo pensare che Ennodio abbia scritto la Dictio 23 come ammonimento per l’amico a proposito delle funeste conseguenze di un matrimonio sfortunato. Piuttosto, si potrebbe pensare a un accostamento tematico da parte di chi abbia raccolto e ordinato gli scritti di Ennodio19Sulla costituzione e sull’ordinamento del corpus ennodiano vd. Di Rienzo (2005, pp. 11-14), Gioanni (2006, pp. CXXXIV-CLIV), Kennell (2000, pp. 14-16), Tanzi (1890)..

Incerta è anche la datazione della Dictio 23, per la quale l’unico appiglio cronologico è la prossimità con la lettera a Messala. Proprio grazie alla datazione del matrimonio di Messala, Sundwall riferisce il gruppo di testi finali del corpus ennodiano (nn. 465-470 V.) all’anno 51320Sundwall (1919, pp. 70-71 e 83); in particolare (pp. 70-71), egli scrive: «Die Nummern 465-7 und die letzten Nummern 469-70 ergeben nichts. Nur der letzte Brief, an Messala (N:o 468; Ep. IX 35), nach Rom oder Ravenna abgeschickt, ist noch zu berücksichtigen, denn daraus ersehen wir, dass Messala sich jetzt verlobt hat … Dieser Brief, wie di Nummern 465-70 überhaupt, gehören selbstverständlich in das Jahr 513».. Inoltre, nei manoscritti non è conservato il titolo della Dictio che Schott integrò nella forma Abdicatus matrem necans («Un figlio ripudiato che uccide la madre») e Sirmond come In abdicatum qui patre necato matri quoque insidiabatur («Contro il figlio ripudiato che, ucciso il padre, tendeva insidie anche alla madre»). Occorre, tuttavia, rimarcare che anche le Dictiones 21 e 22 non presentano titoli nei manoscritti e che, sicuramente, alcuni titoli conservati non sono di paternità ennodiana. Se il titolo apposto da Schott alla Dictio 23 propone una sicura forzatura (matrem necans), poiché il testo latino non riporta la notizia della morte della madre, il titolo di Sirmond è contraddistinto da un saggio equilibrio, poiché tutti gli elementi riportati (il disconoscimento del figlio, l’uccisione del padre, l’agguato alla madre) sono coerenti con i fatti narrati21Sulla questione dei titoli non ennodiani vd. Di Rienzo (2005, pp. 12, 18, 219-231). A proposito del titolo apposto da Sirmond, si può ancora notare che, mentre la traduzione offerta da López Kindler (2002, p. 496, n. 270) è giustamente neutra («Contra el hijo desheredado que, después de matar a su padre, insidiaba también a su madre»), Marconi (2022, p. 167) propone una traduzione interpretativa che, a mio parere, forza la lettera del testo: «Contro il figlio ripudiato che, ucciso il padre, insidiava anche la vita della madre». La traduttrice, infatti, interpreta il verbo insidior come ‘attentare alla vita’, mentre sembra preferibile una traduzione più neutra come ‘tendere insidie’. In ogni caso, il verbo insidior non è mai attestato nell’opera di Ennodio, né come intransitivo né come transitivo, mentre sono presenti i termini insidiae, insidiosus, insidiatrix..

Nonostante la brevità del testo, la Dictio 23 presenta alcuni problemi testuali, che sono stati variamente emendati dagli editori. Questa situazione dipende probabilmente dalle due principali caratteristiche della dictio: la sua posizione debole dal punto di vista testuale in chiusura del corpus ennodiano e le incertezze nella sua interpretazione. Merita, dunque, passare in rassegna le due difficoltà maggiori. Al centro della Dictio nella maggioranza dei testimoni manoscritti si legge il testo nos ruptum patri nos scelerati iter ostendimus, accettato da Grynaeus e Sirmond22A Grynaeus (1569) si deve l’editio princeps dell’opera di Ennodio, sebbene il curatore di questa fu in realtà Matthias Flacius; vd. Cattaneo (2022).. Il solo Bruxellensis, invece di ruptum patri, presenta ruptum patriaetem (o patriaecem)23In questo codice, infatti, le lettere t e c sono spesso scritte in modo molto simile.. Schott (1611) propose di emendare il testo in ruptum patriae, Hartel (1882) in ruptam patri ce<ruice>m e Vogel (1885) in ruptum parietem. La convincente correzione derivò probabilmente a Vogel dal confronto con altri testi declamatori in cui un muro abbattuto costituisce un importante elemento narrativo e sui quali si appunterà più tardi la nostra attenzione24Vd. infra par. 5..

Una seconda incertezza testuale si riscontra nella chiusa della Dictio che dalla maggior parte dei testimoni manoscritti è registrata in questa forma: sed licet procurator formosus et nitidus nos ad haec inspicienda oculos non habemus. Qui i lettori antichi e gli editori umanistici risultarono, forse, sorpresi dalla presenza di un procurator formosus et nitidus non menzionato in precedenza. Già nel codice Laurentianus (XIV sec.) leggiamo, infatti, p(ro)curat invece di procurator25Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conv. soppr. J.VI.29.; dal canto loro, Grynaeus e Schott emendarono il testo in procurrit, mentre la lezione procurator è accettata sia da Sirmond sia dagli editori più recenti, Hartel e Vogel. Tuttavia, Vogel volle emendare il tradito sed in sit probabilmente per restituire una maggior coerenza di significato alla chiusa e sottolineare il valore concessivo dell’espressione. In realtà, vedremo in seguito come il termine procurator abbia una certa importanza nella tradizione declamatoria e la sua corretta interpretazione orienti nella comprensione della dictio26Vd. infra par. 5..

3. Interpreti e traduttori

 

La Dictio 23 è stata quasi del tutto trascurata negli studi ennodiani e, fino a tempi recenti, non sono state messe in luce neppure le difficoltà nella sua interpretazione. Magani ne tratta brevemente27Magani (1886, vol. III, p. 349).: egli rimarca la mancanza di un titolo nei codici manoscritti, tranne in alcuni in cui la vicenda è avvicinata a quella di Oreste («invettiva contro Oreste che uccise sua madre Clitennestra»); ricorda che già Sirmond aveva rifiutato questo accostamento e aveva proposto un nuovo titolo («contro un figlio diseredato che dopo aver ucciso il padre tendeva insidie anche alla madre»); sottolinea, infine, la mancanza di interesse per questo testo28«È un’invettiva brevissima che nulla presenta perciò di particolare». La notizia dell’accostamento al mito di Oreste deriva da una nota di Sirmond (1611, p. 79): Titulo caret in duobus antiquis. in tertio, qui recentior est, inscribitur, Inuectiua in Orestem, qui occidit Clytemnestram matrem. Sed deceptus est, quisquis huius inscriptionis auctor fuit, argumenti similitudine. Nam Orestes matrem occidit, non patrem: hic autem patrem necauit, matrem non potuit. Il titolo citato non è presente nei manoscritti a nostra dispo-sizione or di-sposizione; sull’identificazione dei codici usati da Sirmond vd. Hartel (1882, pp. XIII-XV), Rohr (1995, pp. 161-162), Vogel (1885, pp. L-LI).. In modo ancora più stringato, Navarra e Schröder ne ricordano soltanto il tema29Navarra (1972, p. 470), Schröder (2003, p. 268).. Qualche tentativo di approfondimento si legge in Kennell che sottolinea come l’accusato abbia compiuto un triplice omicidio, quello del padre, della madre e del fratello più giovane, e accoglie implicitamente la correzione di Vogel (ruptum parietem) al testo tradito, quando cita come dettagli circostanziali «a broken-down wall, a dagger, a lethal projectile»30Kennell (2000, pp. 160-161). La studiosa riporta anche la datazione della Dictio a un momento imprecisato del 513 d. C. (Kennell, 2000, p. 160 n. 160).. Secondo la studiosa, la scelta del tema da parte di Ennodio dimostra la sua consapevolezza dei limiti della retorica, poiché nessuna astuzia può giustificare le azioni dell’accusato31Kennell (2000, p. 161): «Ennodius’ choice of theme and persona show his awareness of rhetoric’s limits: he prosecutes because no cleverness could excuse killing one’s parents and junior sibling, even figuratively»..

López Kindler offre qualche spunto di approfondimento e attribuisce le difficoltà interpretative alla brevità del testo32López Kindler (2002, pp. 495-496).. A suo parere, il primo paragrafo è costituito dalle parole dell’accusatore che illustra il caso ai giudici, mentre il secondo paragrafo è con qualche cautela attribuito alla madre, che si difende dalle calunnie dell’accusato. A questo punto è introdotto un figlio minore della donna, ma il traduttore è in dubbio se il maggiore tenti di portarlo dalla sua parte o lo abbia ucciso. Nella parte restante del testo, secondo l’interprete, torna a parlare l’accusatore che si rivolge prima al reo e poi ai giudici. Due ulteriori spunti critici si leggono nelle note alla traduzione. Da un lato, López Kindler accetta la correzione ruptum parietem di Vogel contro ruptam patri ceruicem di Hartel, ma propone di interpretare parietem come ‘osso parietale’, sebbene sia consapevole che sarebbe l’unico esempio di questo uso nei testi latini conosciuti33López Kindler (2002, p. 496, n. 273).. Dall’altro lato, a proposito della frase perdidisti spem defensionis, cum genetricis ferro membra describeres, il traduttore sottolinea il brusco passaggio dal discorso dell’accusatore rivolto in terza persona all’accusato a un’apostrofe diretta in seconda persona e propone di interpretare i numerosi salti di prospettiva come l’esito derivante dall’unione dei frammenti di una declamazione più ampia34López Kindler (2002, p. 496, n. 274): «de los saltos de perspectiva que se observan en toda la composición, podría deducirse que estamos ante un texto elaborado a base de retazos —quizás las expresiones más brillantes desde el punto de vista retórico— de una declamación más amplia»..

Nelle note alla sua traduzione italiana, Marconi discute le scelte interpretative di López Kindler, da cui si allontana per alcuni dettagli, senza tuttavia proporre soluzioni innovative35Marconi (2022, pp. 166-168).. Nell’esordio, a proposito dell’espressione abdicatus filius in iusti executionem doloris patris factum, matris consensum gladio uindicauit, la studiosa riferisce, con qualche prudenza, l’aggettivo iustus al punto di vista del figlio «che riteneva giusto uccidere il padre perché lo aveva rinnegato»36Marconi (2022, p. 166, n. 2)., contro l’opinione di López Kindler che invece lo aveva riferito al padre37López Kindler (2002, p. 495): «el hecho de haber asesinado a su buen padre».. Poco più avanti, a commento di nos confutationem uulnus ostendimus, Marconi intende uulnus «nel senso tecnico giuridico di ‘colpa’, ‘offesa’, ‘danno’»38Marconi (2022, p. 166, n. 4)., mentre López Kindler riferisce il termine alla manchevolezza della difesa39López Kindler (2002, p. 495, n. 271): «Es decir, el fallo de la defensa».. Entrambi gli interpreti, dunque, non sembrano prendere in considerazione la possibilità che qui il declamatore si riferisca ai segni materiali della violenza (uulnus) compiuta dal figlio sul padre o sulla madre40Su questa interpretazione vd. infra par. 5.. Inoltre, Marconi rifiuta di intendere parietes come osso parietale (nota 6) e non ha dubbi sul fatto che l’accusato abbia ucciso anche il fratello minore41Infatti, Marconi (2022, p. 167) traduce: «essendo ancora ignaro degli inganni, quello ha ribaltato il suo sentire con l’arte delle parole, facendo morire anche l’unico che sembrava esser sopravvissuto».. Corregge poi l’opinione di López Kindler a proposito della natura composita e frammentaria della Dictio, affermando che «i rapidi cambiamenti dell’interlocutore si comprendono alla luce della destinazione orale del testo» e sarebbero funzionali a «imprimere pathos e drammaticità all’esposizione»42Marconi (2022, p. 168, n. 9).. In realtà, il problema dei rapidi cambi d’interlocutore sembra emerge soltanto nell’ultima parte della Dictio, in cui il declamatore fittizio, a partire da un’interrogativa retorica, si rivolge direttamente al figlio prima con la seconda persona (desideras), quindi in terza persona (potuit) per poi subito ritornare, nel medesimo periodo, alla seconda persona (mentiris), ripresa poco più avanti (perdidisti, describeres) dopo una sentenza gnomica di valore generale43Ennod., Dict. 23.3.. A nostro avviso, sembra quindi preferibile intervenire con un minimo emendamento testuale e correggere il tradito potuit in potuisti così da evitare l’evidente incongruenza nel discorso44Vd. testo latino e traduzione nell’ Appendice..

4. Analisi lessicale e retorica

 

Come si è visto nell’Introduzione, dal punto di vista lessicale, nella Dictio è centrale il tema del disonore che il figlio arreca alla madre in quanto donna. All’inizio del par. 2, la persona loquens, identificata chiaramente con la donna che si esprime con la prima persona plurale (euasimus, timemus), sottolinea per due volte questo concetto. Nel passo, infatti, si insiste sul tema della considerazione sociale (opinionem, famam) e sul fatto che la madre abbia il timore di perdere la sua onorabilità, poiché questo annullerebbe la qualità centrale del suo essere donna, la uerecundia che è sentita come distintiva del suo genere (pro sexus uerecundia). In realtà, la uerecundia è una virtù raccomandata da Ennodio anche ai giovani, come si evince dalla sezione a essa dedicata nella Paraenesis didascalica (Opusc. 6.5 = 452 V.) in cui, oltre a essere assimilata al pudor, è detta matrem bonorum operum e si accompagna a pudicitia e fides prima della trattazione su grammatica e rhetorica45Zarini (2016) ha messo in luce i debiti di Ennodio nei confronti di Prudenzio (Psycomachia) e Ambrogio (De officiis) nella rappresentazione di uerecundia e pudicitia. In generale, su pudor e uerecundia vd. almeno Thomas (2007 e 2012); per gli autori cristiani vd. Ciccolini (2012). Da Ennodio la uerecundia è detta mater bonorum operum anche nella Vita Epifani (Opusc. 3.10 = 80 V.), mentre nella chiusa della Dictio missa Honorato episcopo Nouariensi in dedicatione basilicae Apostolorum (Dict. 2.10 = 98 V.) è definita princeps boni operis et mater honestatis.. Dal punto di vista lessicale, è interessante notare anche l’insistenza sulla variabilità sinonimica, nonostante la brevità del testo, a proposito di armi (gladius, pugio, telum, ferrum), azioni violente (necare, extinguere, insequi, rumpere, subuertere, perire, percutere, describere)46A proposito dell’espressione ferro membra describeres (Ennod., Dict. 23.3) si può notare che l’uso del verbo describere con il significato di ‘arare, solcare’ è tipico di Ennodio; vd. ThLL V.1 coll. 663.81-84 (cf. Ennod., Dict. 12.8; Carm. II 128.5)., loro effetti (dolor, uulnus), aggettivi con connotazione negativa riferiti all’accusato (sceleratus, perditus, odiosus).

Inoltre, tra le controuersiae di Ennodio (Dict. 14-23), come si è notato in precedenza, la Dictio 23 si contraddistingue per la brevità, ma non differisce dalla maggior parte dei testi di questo gruppo per le altre caratteristiche formali e contenutistiche. Infatti, tranne la Dictio 21, che assume la forma e l’ampiezza di una declamazione completa sul modello delle Declamationes maiores di Pseudo-Quintiliano, le controuersiae di Ennodio sono simili per estensione e sviluppo alle Declamationes minores pseudo-quintilianee, sebbene siano prive del thema, con il riassunto del motivo declamatorio, e del sermo, con osservazioni e suggerimenti del maestro di retorica, cioè delle parti più strettamente legate all’uso scolastico di questi testi47La Dict. 21 costituisce il discorso contrapposto a Ps. Quint., Decl. 5; sul rapporto tra le due declamazioni vd. Bureau (2007), Håkanson (1986, pp. 2285-2290), Winterbottom (2003). La Dict. 22, interpretata da Marconi (2022, p. 23) come un «esercizio di opposizione a una legge esistente o ἀνασκευή / refutatio», è preceduta da una praefatio in cui Ennodio spiega il contesto compositivo e l’intenzione di contrapporsi a un testo del giovane Aratore. Sulle Declamationes minores di Ps. Quint. vd. Pasetti et al. (2019, pp. XI-XXXVIII)..

Marconi ha riconosciuto nelle controuersiae di Ennodio, tranne le Dict. 21-22, degli esempi di «esercitazioni su argomento comune o κοινὸς τόπος / locus communis» secondo il modello annoverato dai retori nella serie degli esercizi preparatori o progymnasmata48Marconi (2022, pp. 22-23). Su tale esercizio retorico vd. Berardi (2017, pp. 189-202).. Secondo la definizione dei manuali antichi, l’esercizio del «luogo comune» è «un discorso di amplificazione applicato a un fatto di cui sia stata già accertata la veridicità» e in cui «il procedimento è valido a prescindere dalle circostanze particolari e riguarda in generale il fatto di cui si parla»49Berardi (2017, pp. 189-190).. La particolarità della Dictio 23 è il fatto che il processo di amplificazione dell’accusa contro il figlio omicida è condotto non da un generico e anonimo declamatore fittizio, ma a partire dal punto di vista ben circostanziato della madre e, addirittura, attraverso un’ampia sezione centrale in cui la donna prende direttamente la parola. Questa particolare prospettiva, carica di una forte valenza affettiva e patetica, diventa dunque centrale dal punto di vista argomentativo.

Nell’assumere questo punto di vista femminile Ennodio, come autore, impiega un ulteriore strumento retorico, conosciuto nella tradizione retorica progimnasmatica come etopea (ἠθοποιία, allocutio) o prosopopea (προσωποποιία, conformatio)50Su questi esercizi progimnasmatici e sulla loro variabilità terminologica vd. Berardi (2017, pp. 154-166 e 256-259). Nella tradizione retorica latina questa figura retorica era conosciuta anche come sermocinatio (Rhet. Her.IV 55 e 65; Quint., Inst. IX 2.31); vd. Calboli (2020, pp. 846-849 e 853).. In questo esercizio, in versi o in prosa, si simula il discorso diretto di un personaggio, solitamente mitologico o storico, che è caratterizzato attraverso le parole da lui pronunciate, adatte alla sua indole e alle specifiche circostanze51Vd. Berardi (2017, p. 154).. Le etopee possono costituire testi autonomi, come le già citate Dictiones 24-28 di Ennodio, oppure possono essere inserite in testi più ampi, sia in orazioni sia in declamazioni52Merita ricordare il celebre esempio della prosopopea di Appio Claudio Cieco, che si scaglia contro Clodia, in Cic., Cael. 34. Per l’uso di questa figura retorica nella declamazione vd. Mal-Maeder (2007, p. 43 e n. 4, con ulteriore bibliografia).. Dal nostro punto di vista, è interessante notare che, per quanto riguarda lo stile dell’etopea, i manuali retorici sottolineano come, al fine di rendere al meglio il carattere della persona loquens, sia utile privilegiare l’espressione del pathos anche a discapito dell’eccessiva cura formale. Diventa così accettabile l’uso di frasi spezzettate e non elaborate, se risultano congruenti con le circostanze e i sentimenti espressi53Berardi (2017, p. 164).. A proposito della Dictio 23, infatti, queste osservazioni potrebbero forse spiegare il procedere non sempre lineare del discorso e la forte connotazione patetica dell’espressione.

5. Una ripresa di Seneca il Vecchio

 

Nell’analisi filologica abbiamo evidenziato due punti del testo che hanno occupato in particolare gli interpreti: da un lato le lezioni patriaetem e patri corrette da Vogel in parietem (par. 2), dall’altro lato la parola procurator, considerata errata da alcuni editori. Sono proprio questi due termini (paries e procurator) che permettono di individuare il testo a cui si ispira la Dictio 23 di Ennodio, poiché sono al centro di un tema declamatorio presentato da Seneca in Vecchio e conosciuto con il titolo di Quinquennis testis in procuratorem54Sen., Contr. VI 5 them.: Mortua quidam uxore, ex qua filium habebat, duxit aliam, sustulit ex ea filium. habebat procuratorem in domo speciosum. cum frequenter essent iurgia nouercae et priuigno, iussit eum semigrare; ille trans parietem habitationem conduxit. rumor erat de adulterio procuratoris et matris familiae. quodam tempore pater familiae in cubiculo occisus inuentus est, uxor uolnerata, communis paries perfossus. placuit propinquis quaeri a filio quinquenni, qui una dormierat, quem percussorem cognosceret; ille procuratorem digito denotauit. accusat filius procuratorem caedis, ille filium parricidii. I testi di Seneca sono citati dall’edizione di Håkanson (1989); vd. anche Adiego Lajara, Artigas Álvarez e de Riquer Permanyer (2005, con traduzione spagnola), Winterbottom (1974, pp. 100-119, con traduzione inglese), Zanon Dal Bo (1987, con traduzione italiana). Il thema si legge anche con alcune variazioni rispetto al testo esteso negli Excerpta tardoantichi delle Controuersiae; vd. Håkanson (1989, p. 225).: un uomo, a cui muore la moglie dopo aver generato con lei un figlio, si risposa e ha un altro figlio dalla seconda moglie; in casa è presente un amministratore di bell’aspetto (procuratorem … speciosum) e sono frequenti i litigi tra la matrigna e il figliastro55Rimane incerto il significato specifico di procurator in questo contesto: Winterbottom (1974) traduce con agent senza ulteriori spiegazioni; Zanon Dal Bo (1987) con ‘intendente’ e annota: «le mogli ricche portavano di solito nella nuova casa un “servo dotale”, col compito appunto di custodirne la dote … ma se la dote era molto ricca vi si poteva aggiungere, o sostituire, un intendente ch’era di solito un liberto» (Zanon Dal Bo, 1987, p. 67); Stramaglia e Santorelli (2017, p. 17) intendono procurator come il tutore del figlio che l’uomo ha avuto in seconde nozze, ma Seneca, quando vuole specificare la funzione di tutore eventualmente ricoperta dal procurator, usa il termine specifico: Liceat mihi nutrire puerum; nec cum matre illi nec cum tutore conueniet (Sen., Contr. VII 5.2). Noi interpretiamo il termine in modo più generico come ‘amministratore’ del patrimonio domestico; vd. ThLL X.2 coll. 1573.48-1574.2. Tale interpretazione è adottata anche nella traduzione spagnola della controuersia senecana in cui si usa il termine administrador; vd. Adiego Lajara, Artigas Álvarez e de Riquer Permanyer (2005).; a causa di questi contrasti il padre caccia di casa il figlio di primo letto che si stabilisce in un appartamento contiguo alla casa paterna, quando incomincia a diffondersi la fama che la moglie commetta adulterio con l’amministratore; nella stanza da letto sono trovati il pater familias ucciso, la moglie ferita e il figlio minore incolume, mentre risulta forato il muro (paries) che divide le due abitazioni; poiché il figlio minore quinquenne, alla richiesta dei parenti di indicare l’assassino, mostra col dito l’amministratore, il figlio maggiore e l’amministratore si accusano a vicenda di assassinio e parricidio.

Nella sua raccolta Seneca riportò estratti di vari declamatori a favore del figlio, inframmezzati da osservazioni su questo tipo di controuersiae in cui è presente una doppia accusa (Sen., Contr. VII 5.7) e, ancora più in generale, sulla condanna dell’uso eccessivo di esempi storici nella pratica declamatoria (Sen., Contr. VII 5.13)56Sulla causa congetturale doppia (ἀντικατηγορία) vd. Berti (2007, p. 116 e n. 3), Stramaglia e Santorelli (2017, p. 26). Sulla condanna da parte di Seneca della pratica degli exempla vd. Berti (2007, pp. 198-202). Per questa controuersia sono riportate le sententiae dei vari declamatori (Sen., Contr. VII 5.1-6), alcune osservazioni sulla diuisio, cioè sullo schema argomentativo (Sen., Contr. VII 5.7-8), e una rassegna di battute o espressioni infelici (Sen., Contr. VII 5.9-15), ma sono tralasciati in modo intenzionale i colores, cioè le particolari impostazioni espressive ed emotive scelte dai declamatori (Sen., Contr. VII 5.8, si qua sunt ex utraque parte difficilia, non colorem sed argumentationem desiderant; itaque, ne modum excedam, praeteribo).. In realtà, vicende simili sono anche oggetto di altri temi declamatori, come quelli sviluppati nelle prime due Declamationes maiores di Pseudo-Quintiliano, intitolate Paries palmatus (Decl. 1) e Caecus in limine (Decl. 2), che prevedono, come in Seneca ed Ennodio, l’omicidio notturno del pater familias e il conflitto tra matrigna e figliastro, ma contengono anche dettagli diversi, come il figlio cieco e la presenza di elementi imbrattati di sangue (la spada e/o la parete)57Sulle due declamazioni di Ps. Quint., databili rispettivamente alla metà e alla fine del II sec. d. C., vd. Krapinger e Stramaglia (2015), Stramaglia, Winterbottom e Santorelli (2021, vol. I, pp. 2-109), Stramaglia e Santorelli (2017). In particolare, in queste declamazioni la spada insanguinata è considerata un elemento essenziale per provare la colpevolezza del figlio. Il dettaglio della parete forata si legge anche in Sen., Contr. X 6: un tale si introduce nella casa di un ricco attraverso un foro nella parete per dimostrare che il ricco aveva tradito la città, poiché custodiva lettere del nemico.. Risulta, dunque, probabile che Ennodio abbia inteso riprendere il tema declamatorio contenuto nella raccolta senecana, che, del resto, era stata sottoposta proprio in età tardoantica a un’opera di abbreviamento, come è testimoniata dagli Excerpta, purtroppo di difficile datazione58Sugli Excerpta di Seneca vd. Balbo e Boero (2020, con ampia discussione della bibliografia precedente)..

Grazie al confronto con Seneca riusciamo finalmente a cogliere in pieno i contorni della vicenda trattata nella Dictio 23 e a spiegare le apparenti incongruenze rilevate dai precedenti commentatori. La donna mostra come prova la ferita (uulnus ostendimus), non mortale, infertagli durante la notte dell’omicidio e muove al figliastro una triplice accusa59La ferita è un elemento narrativo importante, poiché da Seneca sappiamo che molti declamatori, a difesa del figliastro, insistevano sulla superficialità della ferita inferta alla donna dall’amante; vd. Sen., Contr. VII 5.2 (Triario, leuiter uolnerare), VII 5.6 (Vario Gemino, leuiter uulnerata es), VII 5.9 (Fusco, destricta leui uulnere est cutis; Passieno, sic leniter te uulnerauit dextera illa; Cestio, quam leue uulnus esset; Bruto Bruttedio, amicam sauciauit; Romanio Ispone, ostende istud, quod amator tuus uellicauit; Sepulio Basso, adulteram strinxit), VII 5.10 (Licinio Nepote, non est istud uulnus sed ludentis adulteri morsus).: l’uccisione del padre in seguito all’allontanamento dalla casa paterna (patris factum); l’attentato alla vita della matrigna che era stata d’accordo con il padre a proposito della cacciata del figlio (matris consensum); il tentativo di gettare discredito su di lei grazie all’accusa di adulterio con l’amministratore (opinionem matris contendit extinguere). La donna, come prova del misfatto, oltre alla ferita fa riferimento al foro nella parete tra le due abitazioni (ruptum parietem) e al percorso compiuto dall’assassino (scelerati iter). Inoltre, la matrigna accusa il figliastro di aver corrotto il fratello minore (ad sententiam suam traxit paruulum nostrum) e di averlo indotto ad accusare l’amministratore e, implicitamente, la matrigna. Proprio per respingere l’accusa di adulterio, l’atto di accusa della donna si chiude con l’affermazione di non essere attratta dall’amministratore nonostante la sua avvenenza (sit licet procurator formosus et nitidus, nos ad haec inspicienda oculos non habemus).

Per quanto riguarda la storia della ricezione senecana, sarebbe interessante sapere se Ennodio conoscesse il testo ampio del suo modello o soltanto gli Excerpta o, ancora, se il thema fosse giunto a lui attraverso la mediazione di altre fonti. Sicuramente, dal punto di vista stilistico, Ennodio ha ben assimilato la lezione senecana sul modo di trattare il materiale declamatorio, per esempio nell’uso di sententiae efficaci, e si è ispirato direttamente a espressioni presenti nel modello, come in uulnus ostendimus60Basti pensare a una sententia come nec odiosus parcere potuit nec quem mentiris amasse percutere (Ennod., Dict. 23.3), dove l’azione del figliastro è descritta con un abile uso combinato di parallelismo (nec … nec) e allitterazione (parcere potuit … percutere, quem mentiris amasse). Sull’arte della sententia nella pratica declamatoria vd. Berti (2007, pp. 155-182). Per l’espressione uulnus ostendimus (Ennod., Dict. 23.1) cfr. Sen., Contr. VII 5.5 (Vario Gemino): ostende istud non uulnus sed argumentum. ostende uulnus (presente anche negli Excerpta).. Tuttavia, esclusa allo stato attuale della ricerca la possibilità di individuare per questo motivo declamatorio fonti intermedie tra Seneca ed Ennodio per mancanza di confronti significativi, al fine di chiarire le relazioni tra i testi ed approfondire l’ipotesi del loro rapporto diretto non rimane che seguire tre direzioni: sottolineare quanto Ennodio si differenzi dal testo senecano, sia nella forma ampia sia in quella abbreviata; evidenziare la possibilità che Ennodio abbia derivato l’idea di dare la parola alla matrigna da spunti presenti in Seneca; valorizzare gli elementi in comune con la sola versione ampia della controuersia senecana.

A proposito del primo punto, occorre considerare che nella Dictio mancano i sostantivi nouerca e priuignus, due termini distintivi della Controuersia senecana, che si leggono anche nella forma abbreviata, mentre nell’autore tardoantico sono preferiti i più generici mater e filius61In un caso il termine mater è sostituito dal sinonimo genetrix: cum genetricis ferro membra describeres (Ennod., Dict. 27.3).. Nel testo ennodiano non troviamo neppure il sostantivo adulterium, che è presente in Seneca sia nella forma ampia sia negli Excerpta e a cui nella Dictio la donna allude soltanto in modo vago62Ennod., Dict. 23.2: dolens quod euasimus pugionem, telo famam insequitur, cui pro sexus uerecundia plus timemus.. Inoltre, dal punto di vista narrativo, Ennodio non sfrutta il particolare del lume, che è ricordato nella versione estesa della Controuersia senecana e che secondo alcuni declamatori l’assassino avrebbe portato con sé nell’assalto notturno63Sen., Contr. VII 5.2 (Triario), VII 5.5 (Giulio Basso), VII 5.6 (Porcio Latrone).. Se la mancanza di quest’ultimo elemento può essere dipesa dalla brevità della Dictio, intenzionale sembra invece la volontà di evitare termini troppo connotati per i rapporti familiari e per l’accusa di adulterio. In questo modo, la donna, presentandosi come mater, allontana da sé i pregiudizi tradizionali verso la nouerca e, accennando soltanto per perifrasi all’adulterio, respinge tale addebito nei suoi confronti64Sui pregiudizi verso la nouerca vd. Raschieri (2022b)..

D’altro canto —e arriviamo così al secondo punto— Ennodio può aver tratto l’idea di proporre il discorso di accusa della matrigna contro il figliastro da osservazioni presenti nel testo senecano stesso, nella forma ampia e/o in quella abbreviata. Nella Controuersia, infatti, si ricorda che il declamatore Arellio Fusco accennò all’eventualità che la matrigna si presentasse nella causa come testimone65Sen., Contr. VII 5.1: Quis ferret te uoluntariam testem in forum uenientem, etiamsi uenires dictura pro filio? Il passo non è presente negli Excerpta.. Addirittura, i declamatori Triario e Murredio parlarono di una possibile accusa della madre non solo contro il figliastro, ma anche contro il proprio figlio66Sen., Contr. VII 5.1 (Triario): obicit priuigno parricidium, filio mendacium (presente anche negli Excerpta). Sen., Contr. VII 5.15 (Murredio): nouercam disputare contra filii sui testimonium (non presente negli Excerpta).. Più in generale Seneca stesso sottolinea l’importanza della matrigna, poiché anche la donna figura indirettamente tra i colpevoli insieme al figliastro e all’amministratore67Sen., Contr. VII 5.8: in hac controuersia†et duo†tres rei; nouerca enim procuratori coniungitur (non presente negli Excerpta)..

Infine, altri aspetti della Dictio possono far propendere per una conoscenza da parte di Ennodio del testo senecano nella sua versione ampia. Infatti, le capacità retoriche del figliastro nel convincere il fratello minore a denunciare l’amministratore, su cui insiste la matrigna ennodiana nella sua accusa, paiono corrispondere alle parole attribuite dal retore Arellio Fusco al figlio maggiore per allontanare il fratello dalla madre e non presenti negli Excerpta, almeno nella forma giunta a noi68Sen., Contr. VII 5.1 (Arellio Fusco), miserrime puer, quamuis ipse pericliter, plus tamen pro te timeo: nimium fraternis insistis uestigiis; itaque iam tibi cum matre non conuenit. Ennod., Dict. 23.2: ad sententiam suam traxit paruulum nostrum, quem fuci nescium fabricata uerborum arte subuertit.. Ennodio, inoltre, sembra seguire un altro suggerimento di Arellio Fusco —anche questo non presente negli Excerpta— che consigliava, in questo tipo di causa con una duplice accusa, di far sparire l’accusato nella perorazione e di collegare la perorazione alla difesa69Sen., Contr. VII 5.7: FVSCVS ARELLIVS debet, inquit, reus in epilogo desinere. optime autem epilogum defensioni contexit.. In modo coerente con questo precetto, la Dictio termina non con l’accusa della matrigna verso il figliastro ma con la sua autodifesa dall’accusa di adulterio.

6. Conclusioni

 

Ennodio stesso dimostrò di conoscere la tradizione declamatoria latina, almeno per quanto riguarda la Declamatio maior 5 di Pseudo-Quintiliano, da lui considerata autenticamente quintilianea, a cui contrappose esplicitamente la Dictio 21 in nome della verità e contro gli abbellimenti retorici fini a se stessi70Ennod., Dict. 21.1-2: Actio contra Quintilianum suscepta. ille enim patrem tuetur, nos filium. … Numquid fas est aduersus Quintilianum nisi pro ueritate dicere? … sine solacio oratoriae artis aequitas adseratur. In base ad alcune differenze tra i due testi, la critica è in dubbio se Ennodio conoscesse la declamazione pseudo-quintilianea nella forma che ci è stata conservata o avesse affrontato il tema con una certa libertà; vd. Bureau (2007, pp. 161-163), Håkanson (1986, pp. 2285-2290), Winterbottom (2003, pp. 285-286).. Finora, invece, non erano stati notati i contatti di Ennodio con la raccolta declamatoria di Seneca, sebbene a nostro parere rimanga dubbio se la conoscesse in una forma completa, abbreviata o mediata71Un riferimento a Sen., Contr. IV 1 si legge in López Kindler (2002, p. 457, n. 207), seguito da Marconi (2022, p. 159, n. 3), a proposito del tema di Ennod., Dict. 19 (= 261 V., Dictio data Ambrosio in aleatorem qui agrum in quo parentes eius erant positi pro ludi pretio dedit); in realtà, il tema della controuersia senecana, di cui si conservano solo gli excerpta, è diverso (Amissis quidam tribus liberis cum adsideret sepulchro, a luxurioso adulescente in uicinos hortos abductus est et detonsus coactus conuiuio ueste mutata interesse. Dimissus iniuriarum agit). Inoltre, López Kindler (2002, p. 471, n. 223), sulla legge declamatoria presente in Ennod., Dict. 21 (= 363 V.), ricorda che essa si trova anche in Sen. Contr. I 7, ma applicata a un caso diverso. Ancora più generica è l’osservazione di López Kindler (2002, p. 473, n. 227) riguardo al termine myoparo di Ennod., Dict. 21.4 (= 363 V.) che fu usato anche da Cicerone, Sallustio e Seneca il Vecchio.. È interessante, comunque, notare che, come in altre controuersiae, Ennodio anche con la Dictio 23 si pone in competizione con Seneca e con i declamatori da lui citati con la volontà di proporre un punto di vista a loro opposto: come si è visto, nella Dictio 21 egli si contrappose esplicitamente a Quintiliano e difese la causa del figlio contro il padre; inoltre, scrisse la Dictio 22 in risposta a un testo, non conservato, del giovane Aratore e, a differenza di questi, argomentò contro il vincitore di una guerra e le sue pretese che i sacerdoti e le sacerdotesse della città espugnata facessero parte del bottino72Ennod., Dict. 22.1: non nos contra Aratorem dictionis pectus opponimus <sed> nec erumpentem in lucem laudis palmitem inimica falce truncamus, sed quem uerborum callem sequi debeat demonstrantes, scimus in illo nobis clarius, si eum praeferri contigerit, triumphandum, quia de nostro hausit quicquid deo amplificante de scientia opum largus effuderit. Sul rapporto tra Ennodio e Aratore vd. Zarini (2009)..

Nella Dictio 23 l’opposizione a un modello declamatorio autorevole avviene in modo implicito, a differenza delle Dictiones 21-22 dove viene dichiarata nelle prefazioni, e in modo obliquo, poiché l’autore/declamatore, contrapponendosi ai declamatori citati da Seneca che sostenevano le ragioni del figliastro, non propone la difesa dell’amministratore ma l’accusa della matrigna contro il figliastro, un’accusa che, come si è visto in precedenza, diventa anche una propria autodifesa. Ennodio assume così un punto di vista originale e inedito su un tema declamatorio tradizionale, poiché difende la posizione della matrigna che, addirittura, assume le caratteristiche di coimputata nella causa. L’abilità dell’autore si evince anche dal fatto che l’accusa di adulterio non è ricordata in modo esplicito ma soltanto per cenni e in modo allusivo, sebbene le calunnie del figliastro siano date per conosciute da Ennodio, dal declamatore fittizio e dal pubblico della declamazione, secondo i principi dell’oratio figurata, insegnati nelle scuole di retorica anche in età tardoantica73Sull’oratio figurata nella declamazione latina: Breij (2006), Breij (2015, pp. 77-88), Desbordes (1993), Leigh (2021), Pernot (2007). Sull’oratio figurata in età tardoantica vd. Desbordes (1993, pp. 75-76), Calboli Montefusco (2003). Pernot (2018, pp. 188) ha stilato un decalogo sul tema del sous-entendu in ambito sessuale: «Commandements de la décence – Les organes ne nommeras – Aux métaphores recourras – La psychologie afficheras – La physiologie cèleras – Sur les mots tu joueras – De l’italique tu useras – Passer tu sauras – Le lecteur respecteras – Un peu de mystère laisseras planer – Sur l’essentiel tu te tairas».. Infine, per quanto riguarda la ricezione senecana, è interessante rilevare che questo tema declamatorio dovesse essere ben noto al pubblico contemporaneo di Ennodio, poiché l’autore, nel presentare le argomentazioni della donna, non sentì il bisogno di esplicitare nel dettaglio i contenuti della vicenda74Sulle relazioni tra l’autore, il declamatore e i rispettivi pubblici vd. Mal-Maeder (2007, pp. 41-64)..

Se consideriamo che l’affermazione finale sul procurator sia da attribuire alla matrigna, è probabile che, oltre alla parte centrale, anche l’esordio della controuersia sia pronunciato dalla donna. In tutta la Dictio si notano una notevole uniformità del punto di vista e l’insistenza su verbi e pronomi alla prima persona plurale75Par. 1, nescimus, nos, ostendimus; par. 2, euasimus, timemus, nos, nos, ostendimus, nobis, nostrum; par. 3, habemus, che costituisce l’ultima parola del testo.. La donna, identificabile nel «noi» della persona loquens, nei primi due paragrafi si rivolge al figliastro con la terza persona singolare per mantenere un tono di neutralità, mentre nella chiusa passa alla seconda persona singolare per enfatizzare la sua accusa76Per l’uso della terza persona singolare: par. 1, uindicauit, aestimat, inueniat, necauit; par. 2, contendit, insequitur, conponit, traxit, subuertit. Per il passaggio alla seconda persona singolare: par. 3, desideras, mentiris, perdidisti, describeres.. Inoltre, la scelta di concentrare l’attenzione su un conflitto familiare è coerente con una tendenza riconoscibile nelle controuersiae di Ennodio, che nella maggior parte dei casi riguardano proprio questa tematica77Una matrigna ha ucciso il marito e il figliastro (Dict. 15). Un figlio nega gli alimenti al padre anziano e lo porta alla morte (Dict. 17). Un tiranno ha posto la statua di un parricida tra le statue degli eroi (Dict. 18). Un giocatore di dadi ha ceduto, come posta di gioco, il campo in cui erano sepolti i genitori (Dict. 19). Un figlio parla contro il padre che non l’ha riscattato dai pirati e che ora chiede di essere mantenuto (Dict. 21). Sui rapporti familiari nell’opera di Ennodio vd. Raschieri (2022a e 2023).. Come si è visto in precedenza, si possono anche riconoscere alcuni legami con i testi posti prima e dopo la Dictio 23 nel corpus ennodiano così come conservato nei manoscritti più antichi78Vd. supra par. 2.. Oltre al tema matrimoniale in comune con la seguente lettera a Flavio Ennodio Messala (Epist. IX 35), possiamo ora trovare una connessione contenutistica e non solo formale con la precedente Dictio 28, che, come la Dictio 23, è incentrata sul motivo del tradimento, quello di Enea verso Didone79Queste somiglianze tematiche, come in altri casi quelle linguistiche, possono aver guidato il raccoglitore e ordinatore del corpus ennodiano; sulla costituzione di questa raccolta vd. supra nota 19.. Del resto, la figura della matrigna della Dictio 23 è coerente con il processo di estremizzazione dell’immagine della nouerca in senso tragico, come è rappresentata da Ennodio nella Dictio 15, dove la donna, sconvolta dal suo odio per il priuignus, uccide con il veleno non soltanto il figlio ma anche il padre e vorrebbe coinvolgere in questo atto di annientamento l’intero genere umano80Vd. Raschieri (2022b).. Dunque, da un lato, il problema del rapporto tra matrigna e figliastri poteva interessare in modo particolare alcuni destinatari delle opere ennodiane, che erano spesso giovani orfani affidati alla cura del diacono per conto della Chiesa81Sulla cura degli orfani in Ennodio vd. Marconi (2020, pp. 994-998).. Dall’altro lato, Ennodio certo rappresentò la donna secondo l’immagine tipizzata dalla tradizione declamatoria, ma l’eccezionalità del suo esperimento letterario si riconosce nella novità di aver affidato la parola a una declamatrice donna che presenta e sostiene il proprio punto di vista con grande efficacia argomentativa ed espressiva.

APPENDICE. TESTO E TRADUZIONE82Il testo latino è quello di Vogel (1885, p. 325) con l’emendamento, da noi proposto, del tradito potuit in potui<s>t<i>; vd. supra par. 3.

 

(1) Postquam, iudices, abdicatus filius in iusti executionem doloris patris factum, matris consensum gladio uindicauit, turbare se aestimat innocentiam cognitorum et aliquid de manifesti facinoris absolutione subripere. nescimus quae in defensione sui uerba commendaticia sceleratus inueniat, ad cuius nos confutationem uulnus ostendimus83In apparato Vogel (1885, p. 325) esprime il dubbio che sia da ritenere corretta la variante commenticia di T (Troyes, Bibliothèque Municipale, Ms 469), invece di commendaticia o commentaticia degli altri testimoni. In realtà, il manoscritto di Troyes (fol. 132r) conserva la lezione commentaticia; il medesimo errore si legge anche nell’apparato di Hartel (1882).. (2) malo perseuerantiae perditus filius, postquam necauit patrem, opinionem matris contendit extinguere. dolens quod euasimus pugionem, telo famam insequitur, cui pro sexus uerecundia plus timemus. nos ruptum parietem, nos scelerati iter ostendimus: ille contra rem uerba conponit et, ne quod nobis fidum uideatur exstitisse subsidium, ad sententiam suam traxit paruulum nostrum, quem fuci nescium fabricata uerborum arte subuertit, faciens et illum perire, qui putabatur esse residuus. (3) quid praestigiis nudam desideras uelare iustitiam? nec odiosus parcere potui<s>t<i> nec quem mentiris amasse percutere. numquid argumentis opus est, ubi factum suum ueritas propria uoce testatur? perdidisti spem defensionis, cum genetricis ferro membra describeres. sit licet procurator formosus et nitidus, nos ad haec inspicienda oculos non habemus.

(1) Dopoché, o giudici, il figlio ripudiato, nel compimento del risentimento, con la spada ha punito l’azione del giusto padre, l’accordo della madre, egli pensa di turbare la rettitudine dei giudici e di ottenere con l’inganno qualcosa grazie all’assoluzione di un evidente delitto. Non sappiamo quali parole di raccomandazione in sua difesa trovi lo scellerato, alla cui confutazione noi mostriamo la ferita. (2) Corrotto dal male della perseveranza, il figlio, dopo aver ucciso il padre, cercò di distruggere la reputazione della madre. Dolendosi del fatto che abbiamo scansato il pugnale, con un dardo attacca la fama, per la quale maggiormente temiamo a causa del pudore del sesso. Noi mostriamo il muro abbattuto, noi mostriamo il percorso dello scellerato: costui mette insieme parole contro la realtà e, perché non sembri esserci per noi un soccorso sicuro, al suo parere trasse il nostro piccolino, che, inconsapevole dell’inganno, corruppe con l’artefatta abilità delle parole, mandando in rovina anche colui che era considerato superstite. (3) Perché desideri celare la nuda giustizia con imposture? Odioso non hai potuto né risparmiare né colpire chi dici falsamente di aver amato. C’è forse bisogno di argomentazioni, quando la verità testimonia la sua realtà con la propria voce? Perdesti la speranza di difesa, quando con la spada solcavi le membra della genitrice. Quand’anche l’amministratore sia bello e splendente, noi non abbiamo occhi per guardare queste cose.

Dichiarazione di conflitto di interessi

 

L'autore di questo articolo dichiara di non avere conflitti di interessi finanziari, professionali o personali che potrebbero aver influenzato in modo inappropriato questo lavoro.

Dichiarazione di contributo d’autore

 

Amedeo Alessandro Raschieri: concettualizzazione, metodologia, amministrazione del progetto, visualizzazione, scrittura-bozza originale, scrittura-revisione ed editing.

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NOTAS

 
1 

Per uno studio complessivo sull’opera di Ennodio, oltre a Magani (1886Magani, F. (1886) Ennodio, 3 vols., Pavia: Fusi.), vd. Gasti (2022Gasti, F.(a cura di) (2022) Ennodio di Pavia: cultura, letteratura, stile fra V e VI secolo, Firenze: SISMEL – Edizioni del Galluzzo.), Kennell (2000Kennell, S. A. H. (2000) Magnus Felix Ennodius. A Gentleman of the Church, Ann Arbor (Mich.): University of Michigan Press.). Per un sintetico e aggiornato profilo vd. Cristini (2021Cristini, M. (2021) «Ennodius», in Biographisch-Bibliographisches Kirchenlexikon, Nordhausen: Traugott Bautz. https://www.bbkl.de/index.php/frontend/lexicon/E/Em-En/ennodiusmagnusfelix-85571); sulla lingua di Ennodio vd. Hernández Lobato (2023Hernández Lobato, J. (2023) «The Problem of Language in Ennodius of Pavia», The Classical Quarterly 73 (2), pp. 916-925. 10.1017/S0009838823000782). La Dictio 23 è tradizionalmente ascritta, a partire da Sirmond (1611Sirmond, J. (1611), Magni Felicis Ennodii episcopi Ticinensis opera, Parigi: ex officina Nivelliana.), alla serie delle controuersiae di Ennodio, sulle quali vd. Fini (1982-1984), Finn (1941), Kennell (2000Kennell, S. A. H. (2000) Magnus Felix Ennodius. A Gentleman of the Church, Ann Arbor (Mich.): University of Michigan Press., pp. 74-79, 152-163), Marconi (2022Marconi, G. (2022) Ennodio. Discorsi scolastici ed esercizi retorici, Roma: Città Nuova.), Navarra (1972Navarra, L. (1972) «Le componenti letterarie e concettuali delle Dictiones di Ennodio», Augustinianum 12, pp. 465-478.), Schröder (2003Schröder, B.-J. (2003) «Charakteristika der Dictiones Ethicae und der Controversiae des Ennodius», in SchröderB.-J. e Schröder, J.-P. (éd.), Studium declamatorium. Untersuchungen zu Schulübungen und Prunkreden von der Antike bis zur Neuzeit, Monaco-Lipsia: Saur, pp. 251-274. 10.1515/9783110928792.251), Schröder (2007Schröder, B.-J. (2007) Bildung und Briefe im 6. Jahrhundert: Studien zum Mailänder Diakon Magnus Felix Ennodius, Berlino-New York: De Gruyter. 10.1515/9783110921724, pp. 47-48).

2 

Vd. l’Appendice per il testo e la traduzione della dictio.

3 

Sulla categoria interpretativa di personata uox vd. Bettini e Guastella (1995Bettini, M. e Guastella, G. (1995) «Personata vox», in Raffaelli, R. (a cura di), Vicende e figure femminili in Grecia e a Roma. Atti del convegno Pesaro 28-30 aprile 1994, Ancona: Commissione per le pari opportunità tra uomo e donna della Regione Marche, pp. 343-369.), che trattano di «voci di uomini che danno la parola a una donna, voci di donne che parlano un po’ alla maniera degli uomini» (p. 368). Ci sentiamo in sintonia con le osservazioni degli autori (Bettini e Guastella, 1995Bettini, M. e Guastella, G. (1995) «Personata vox», in Raffaelli, R. (a cura di), Vicende e figure femminili in Grecia e a Roma. Atti del convegno Pesaro 28-30 aprile 1994, Ancona: Commissione per le pari opportunità tra uomo e donna della Regione Marche, pp. 343-369., p. 343) a proposito del fatto che, anche nel presente lavoro, la nostra analisi sovrappone un ulteriore punto di vista maschile a un testo che tocca in profondità l’identità femminile.

4 

Su questi problemi vd. Mal-Maeder (2007Mal-Maeder, D. van. (2007) La fiction des déclamations, Leida – Boston: Brill. 10.1163/ej.9789004156722.i-193, pp. 41-64).

5 

Vd. Mal-Maeder (2007Mal-Maeder, D. van. (2007) La fiction des déclamations, Leida – Boston: Brill. 10.1163/ej.9789004156722.i-193, pp. 95-107).

6 

Su questa Dictio vd. Raschieri (2022Raschieri, A. A. (2022a) «Esempi animali e pietas filiale nella Dictio 17 di Ennodio», ACME 75 (1), pp. 57-77. 10.54103/2282-0035/19883).

7 

Su quest’ultimo testo vd. Pirovano (2010Pirovano, L. (2010) «La Dictio 28 di Ennodio: un’etopea parafrastica», in Gioseffi, M. (a cura di), Uso, riuso e abuso dei testi classici, Milano: LED, pp. 15-52.).

8 

Vd. in particolare Arjava (1998Arjava, A. (1998) Women and Law in Late Antiquity, Oxford: Clarendon Press., pp. 230-256).

9 

Vd. Arjava (1998Arjava, A. (1998) Women and Law in Late Antiquity, Oxford: Clarendon Press., pp. 243-247).

10 

Bruxelles, KBR (olim Bibliothèque Royale Albert Ier), 9845-48 (B), foll. 205v-206r.; Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 3803 (V), fol. 156v. Per un’aggiornata messa a punto sulla tradizione testuale di Ennodio vd. Rohr (1995Rohr, C. (1995) Der Theoderich-Panegyricus des Ennodius. Hannover: Hahnsche Buchhandulung., pp. 64-169), Gioanni (2006Gioanni, S. (2006) Ennode de Pavie. Lettres, vol. I, Livres I et II, Parigi: Les Belles Lettres., pp. CXXXIII-CLXXXI).

11 

Manca, infatti, nei seguenti manoscritti: El Escorial, Real Biblioteca, d-III-22; London, British Library, Royal MS 8. E. IV; Milano, Biblioteca Ambrosiana, D 117 sup.; Troyes, Bibliothèque Municipale, 461 (I 22); Troyes, Bibliothèque Municipale, 658 (E 45); Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Ott.lat.687; Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Ott.lat.2366. Il testo risulta molto rovinato e di difficile lettura nel codice manoscritto León, Biblioteca de la Catedral, 33.

12 

Sirmond (1611Sirmond, J. (1611), Magni Felicis Ennodii episcopi Ticinensis opera, Parigi: ex officina Nivelliana.), Marconi (2022Marconi, G. (2022) Ennodio. Discorsi scolastici ed esercizi retorici, Roma: Città Nuova., pp. 22-23). Per un approfondimento vd. infra par. 4.

13 

Vogel (1885Vogel, F. (1885) Magni Felicis Ennodii Opera, Berlino: Weidmann.): nn. 221 (Dict. 14), 222 (Dict. 15), 223 (Dict. 16), 239 (Dict. 17), 243 (Dict. 18), 261 (Dict. 19), 278 (Dict. 20).

14 

Per un’analisi puntuale vd. Pirovano (2010Pirovano, L. (2010) «La Dictio 28 di Ennodio: un’etopea parafrastica», in Gioseffi, M. (a cura di), Uso, riuso e abuso dei testi classici, Milano: LED, pp. 15-52.). Sirmond (1611Sirmond, J. (1611), Magni Felicis Ennodii episcopi Ticinensis opera, Parigi: ex officina Nivelliana.) antepose al testo il titolo Verba Didonis cum abeuntem uideret Aeneam.

15 

Su possibili legami tematici vd. infra par. 6.

16 

Per quanto riguarda la loro distribuzione all’interno del corpus ennodiano questi testi sono più omogenei rispetto ai loci communes: Vogel (1885Vogel, F. (1885) Magni Felicis Ennodii Opera, Berlino: Weidmann.) nn. 208 (Dict. 24), 220 (Dict. 25), 414 (Dict. 26), 436 (Dict. 27), 466 (Dict. 28).

17 

Su Flavio Ennodio Messala vd. PLRE IIPLRE 2 = Martindale, J. R. (1980) The Prosopography of the Later Roman Empire, vol. II, A.D. 395-527, Cambridge: Cambridge University Press., pp. 759-760. Egli era figlio del senatore romano Flavio Anicio Probo Fausto (console nel 490) ed Ennodio aveva composto un epigramma in occasione del suo consolato nell’anno 506 (Carm. II 32 = 140 V.). Oltre a numerose lettere di Ennodio all’amico, si conserva uno scambio poetico tra i due con un epigramma di Messala e le risposte in versi di Ennodio (Carm. II 144-146 = 371-373 Vogel). Sui rapporti tra Ennodio e la famiglia di Messala vd. Kennell (2000Kennell, S. A. H. (2000) Magnus Felix Ennodius. A Gentleman of the Church, Ann Arbor (Mich.): University of Michigan Press., pp. 16, 31, 129, 141-146, 165-166); in particolare, sul matrimonio di Messala vd. Kennell (2000Kennell, S. A. H. (2000) Magnus Felix Ennodius. A Gentleman of the Church, Ann Arbor (Mich.): University of Michigan Press., pp. 145-146). Sui possibili legami di parentela tra Ennodio e la famiglia di Messala vd. anche Gioanni (2006Gioanni, S. (2006) Ennode de Pavie. Lettres, vol. I, Livres I et II, Parigi: Les Belles Lettres., pp. XIII-XVI). Sui parenti di Ennodio vd. Marconi (2013Marconi, G. (2013) Ennodio e la nobiltà gallo-romana nell’Italia ostrogota, Spoleto: Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo., pp. 137-141); la studiosa propende per l’ipotesi di una parentela tra Ennodio e Messala.

18 

Su questo testo vd. Schröder (2007Schröder, B.-J. (2007) Bildung und Briefe im 6. Jahrhundert: Studien zum Mailänder Diakon Magnus Felix Ennodius, Berlino-New York: De Gruyter. 10.1515/9783110921724, pp. 59-60, a proposito dello stile prolisso della lettera, e p. 220, sui rimproveri di Ennodio ai corrispondenti che non rispondono alle sue lettere). Sul matrimonio di Messala vd. anche Ennod., Epist. IX 26 (= 454 V.).

19 

Sulla costituzione e sull’ordinamento del corpus ennodiano vd. Di Rienzo (2005Di Rienzo, D. (2005) Gli epigrammi di Magno Felice Ennodio, Napoli: Dipartimento di Filologia Classica «F. Arnaldi» dell’Università degli Studi di Napoli Federico II., pp. 11-14), Gioanni (2006Gioanni, S. (2006) Ennode de Pavie. Lettres, vol. I, Livres I et II, Parigi: Les Belles Lettres., pp. CXXXIV-CLIV), Kennell (2000Kennell, S. A. H. (2000) Magnus Felix Ennodius. A Gentleman of the Church, Ann Arbor (Mich.): University of Michigan Press., pp. 14-16), Tanzi (1890).

20 

Sundwall (1919Sundwall, J. (1919) Abhandlungen zur Geschichte des ausgehenden Römertums. Helsingfors: Helsingfors Centraltryckeri och Bokbinderi Aktiebolag., pp. 70-71 e 83); in particolare (pp. 70-71), egli scrive: «Die Nummern 465-7 und die letzten Nummern 469-70 ergeben nichts. Nur der letzte Brief, an Messala (N:o 468; Ep. IX 35), nach Rom oder Ravenna abgeschickt, ist noch zu berücksichtigen, denn daraus ersehen wir, dass Messala sich jetzt verlobt hat … Dieser Brief, wie di Nummern 465-70 überhaupt, gehören selbstverständlich in das Jahr 513».

21 

Sulla questione dei titoli non ennodiani vd. Di Rienzo (2005Di Rienzo, D. (2005) Gli epigrammi di Magno Felice Ennodio, Napoli: Dipartimento di Filologia Classica «F. Arnaldi» dell’Università degli Studi di Napoli Federico II., pp. 12, 18, 219-231). A proposito del titolo apposto da Sirmond, si può ancora notare che, mentre la traduzione offerta da López Kindler (2002López Kindler, A. (2002) Ennodio. Obra miscelánea. Declamaciones, Madrid: Gredos., p. 496, n. 270) è giustamente neutra («Contra el hijo desheredado que, después de matar a su padre, insidiaba también a su madre»), Marconi (2022Marconi, G. (2022) Ennodio. Discorsi scolastici ed esercizi retorici, Roma: Città Nuova., p. 167) propone una traduzione interpretativa che, a mio parere, forza la lettera del testo: «Contro il figlio ripudiato che, ucciso il padre, insidiava anche la vita della madre». La traduttrice, infatti, interpreta il verbo insidior come ‘attentare alla vita’, mentre sembra preferibile una traduzione più neutra come ‘tendere insidie’. In ogni caso, il verbo insidior non è mai attestato nell’opera di Ennodio, né come intransitivo né come transitivo, mentre sono presenti i termini insidiae, insidiosus, insidiatrix.

22 

A Grynaeus (1569Grynaeus, J. J. (1569) Monumenta S. Patrum Orthodoxographa, Basilea.) si deve l’editio princeps dell’opera di Ennodio, sebbene il curatore di questa fu in realtà Matthias Flacius; vd. Cattaneo (2022Cattaneo, G. (2022) «Johann Jakob Grynaeus, Matthias Flacius e l’editio princeps di Ennodio», in Gasti (2022), pp. 293-305.).

23 

In questo codice, infatti, le lettere t e c sono spesso scritte in modo molto simile.

24 

Vd. infra par. 5.

25 

Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conv. soppr. J.VI.29.

26 

Vd. infra par. 5.

27 

Magani (1886Magani, F. (1886) Ennodio, 3 vols., Pavia: Fusi., vol. III, p. 349).

28 

«È un’invettiva brevissima che nulla presenta perciò di particolare». La notizia dell’accostamento al mito di Oreste deriva da una nota di Sirmond (1611Sirmond, J. (1611), Magni Felicis Ennodii episcopi Ticinensis opera, Parigi: ex officina Nivelliana., p. 79): Titulo caret in duobus antiquis. in tertio, qui recentior est, inscribitur, Inuectiua in Orestem, qui occidit Clytemnestram matrem. Sed deceptus est, quisquis huius inscriptionis auctor fuit, argumenti similitudine. Nam Orestes matrem occidit, non patrem: hic autem patrem necauit, matrem non potuit. Il titolo citato non è presente nei manoscritti a nostra dispo-sizione or di-sposizione; sull’identificazione dei codici usati da Sirmond vd. Hartel (1882Hartel, W. A. (1882). Magni Felicis Ennodii opera omnia. Vienna: apud C. Geroldi filium bibliopolam Academiae., pp. XIII-XV), Rohr (1995Rohr, C. (1995) Der Theoderich-Panegyricus des Ennodius. Hannover: Hahnsche Buchhandulung., pp. 161-162), Vogel (1885Vogel, F. (1885) Magni Felicis Ennodii Opera, Berlino: Weidmann., pp. L-LI).

29 

Navarra (1972Navarra, L. (1972) «Le componenti letterarie e concettuali delle Dictiones di Ennodio», Augustinianum 12, pp. 465-478., p. 470), Schröder (2003Schröder, B.-J. (2003) «Charakteristika der Dictiones Ethicae und der Controversiae des Ennodius», in SchröderB.-J. e Schröder, J.-P. (éd.), Studium declamatorium. Untersuchungen zu Schulübungen und Prunkreden von der Antike bis zur Neuzeit, Monaco-Lipsia: Saur, pp. 251-274. 10.1515/9783110928792.251, p. 268).

30 

Kennell (2000Kennell, S. A. H. (2000) Magnus Felix Ennodius. A Gentleman of the Church, Ann Arbor (Mich.): University of Michigan Press., pp. 160-161). La studiosa riporta anche la datazione della Dictio a un momento imprecisato del 513 d. C. (Kennell, 2000Kennell, S. A. H. (2000) Magnus Felix Ennodius. A Gentleman of the Church, Ann Arbor (Mich.): University of Michigan Press., p. 160 n. 160).

31 

Kennell (2000Kennell, S. A. H. (2000) Magnus Felix Ennodius. A Gentleman of the Church, Ann Arbor (Mich.): University of Michigan Press., p. 161): «Ennodius’ choice of theme and persona show his awareness of rhetoric’s limits: he prosecutes because no cleverness could excuse killing one’s parents and junior sibling, even figuratively».

32 

López Kindler (2002López Kindler, A. (2002) Ennodio. Obra miscelánea. Declamaciones, Madrid: Gredos., pp. 495-496).

33 

López Kindler (2002López Kindler, A. (2002) Ennodio. Obra miscelánea. Declamaciones, Madrid: Gredos., p. 496, n. 273).

34 

López Kindler (2002López Kindler, A. (2002) Ennodio. Obra miscelánea. Declamaciones, Madrid: Gredos., p. 496, n. 274): «de los saltos de perspectiva que se observan en toda la composición, podría deducirse que estamos ante un texto elaborado a base de retazos —quizás las expresiones más brillantes desde el punto de vista retórico— de una declamación más amplia».

35 

Marconi (2022Marconi, G. (2022) Ennodio. Discorsi scolastici ed esercizi retorici, Roma: Città Nuova., pp. 166-168).

36 

Marconi (2022Marconi, G. (2022) Ennodio. Discorsi scolastici ed esercizi retorici, Roma: Città Nuova., p. 166, n. 2).

37 

López Kindler (2002López Kindler, A. (2002) Ennodio. Obra miscelánea. Declamaciones, Madrid: Gredos., p. 495): «el hecho de haber asesinado a su buen padre».

38 

Marconi (2022Marconi, G. (2022) Ennodio. Discorsi scolastici ed esercizi retorici, Roma: Città Nuova., p. 166, n. 4).

39 

López Kindler (2002López Kindler, A. (2002) Ennodio. Obra miscelánea. Declamaciones, Madrid: Gredos., p. 495, n. 271): «Es decir, el fallo de la defensa».

40 

Su questa interpretazione vd. infra par. 5.

41 

Infatti, Marconi (2022Marconi, G. (2022) Ennodio. Discorsi scolastici ed esercizi retorici, Roma: Città Nuova., p. 167) traduce: «essendo ancora ignaro degli inganni, quello ha ribaltato il suo sentire con l’arte delle parole, facendo morire anche l’unico che sembrava esser sopravvissuto».

42 

Marconi (2022Marconi, G. (2022) Ennodio. Discorsi scolastici ed esercizi retorici, Roma: Città Nuova., p. 168, n. 9).

43 

Ennod., Dict. 23.3.

44 

Vd. testo latino e traduzione nell’ Appendice.

45 

Zarini (2016Zarini, V. (2016) «Ennode entre Prudence, Ambroise et le “monde”: à propos de deux poèmes de la Paraenesis didascalica», in Herbert de La Portbarré-Viard, G. e Stoehr-Monjou, A. (éd.), Studium in libris. Mélanges en l’honneur de Jean-Louis Charlet, Parigi: Institut d’Études Augustiniennes, pp. 157-168.) ha messo in luce i debiti di Ennodio nei confronti di Prudenzio (Psycomachia) e Ambrogio (De officiis) nella rappresentazione di uerecundia e pudicitia. In generale, su pudor e uerecundia vd. almeno Thomas (2007 e 2012Thomas, J.-F. (2012) «Sur la lexicalisation de l’idée de honte en latin», in Alexandre, R., Guérin, Ch. e Jacotot, M. (éd.), Rubor et pudor: vivre et penser la honte dans la Rome ancienne, Parigi: Éditions Rue d’Ulm-Presses de l’École Normale Supérieure, pp. 13-31.); per gli autori cristiani vd. Ciccolini (2012Ciccolini, L. (2012) «Erubesce, caro quae Christum induisti! Honte et conversion chez Tertullien et Cyprien», in Alexandre, R., Guérin, Ch. e JacototM. (éd.), Rubor et pudor: vivre et penser la honte dans la Rome ancienne, Parigi: Éditions Rue d’Ulm – Presses de l’École Normale Supérieure, pp. 99-117.). Da Ennodio la uerecundia è detta mater bonorum operum anche nella Vita Epifani (Opusc. 3.10 = 80 V.), mentre nella chiusa della Dictio missa Honorato episcopo Nouariensi in dedicatione basilicae Apostolorum (Dict. 2.10 = 98 V.) è definita princeps boni operis et mater honestatis.

46 

A proposito dell’espressione ferro membra describeres (Ennod., Dict. 23.3) si può notare che l’uso del verbo describere con il significato di ‘arare, solcare’ è tipico di Ennodio; vd. ThLL V.1 coll. 663.81-84 (cf. Ennod., Dict. 12.8; Carm. II 128.5).

47 

La Dict. 21 costituisce il discorso contrapposto a Ps. Quint., Decl. 5; sul rapporto tra le due declamazioni vd. Bureau (2007), Håkanson (1986, pp. 2285-2290), Winterbottom (2003). La Dict. 22, interpretata da Marconi (2022Marconi, G. (2022) Ennodio. Discorsi scolastici ed esercizi retorici, Roma: Città Nuova., p. 23) come un «esercizio di opposizione a una legge esistente o ἀνασκευή / refutatio», è preceduta da una praefatio in cui Ennodio spiega il contesto compositivo e l’intenzione di contrapporsi a un testo del giovane Aratore. Sulle Declamationes minores di Ps. Quint. vd. Pasetti et al. (2019, pp. XI-XXXVIII).

48 

Marconi (2022Marconi, G. (2022) Ennodio. Discorsi scolastici ed esercizi retorici, Roma: Città Nuova., pp. 22-23). Su tale esercizio retorico vd. Berardi (2017, pp. 189-202).

49 

Berardi (2017, pp. 189-190).

50 

Su questi esercizi progimnasmatici e sulla loro variabilità terminologica vd. Berardi (2017, pp. 154-166 e 256-259). Nella tradizione retorica latina questa figura retorica era conosciuta anche come sermocinatio (Rhet. Her.IV 55 e 65; Quint., Inst. IX 2.31); vd. Calboli (2020, pp. 846-849 e 853).

51 

Vd. Berardi (2017, p. 154).

52 

Merita ricordare il celebre esempio della prosopopea di Appio Claudio Cieco, che si scaglia contro Clodia, in Cic., Cael. 34. Per l’uso di questa figura retorica nella declamazione vd. Mal-Maeder (2007, p. 43 e n. 4, con ulteriore bibliografia).

53 

Berardi (2017, p. 164).

54 

Sen., Contr. VI 5 them.: Mortua quidam uxore, ex qua filium habebat, duxit aliam, sustulit ex ea filium. habebat procuratorem in domo speciosum. cum frequenter essent iurgia nouercae et priuigno, iussit eum semigrare; ille trans parietem habitationem conduxit. rumor erat de adulterio procuratoris et matris familiae. quodam tempore pater familiae in cubiculo occisus inuentus est, uxor uolnerata, communis paries perfossus. placuit propinquis quaeri a filio quinquenni, qui una dormierat, quem percussorem cognosceret; ille procuratorem digito denotauit. accusat filius procuratorem caedis, ille filium parricidii. I testi di Seneca sono citati dall’edizione di Håkanson (1989); vd. anche Adiego Lajara, Artigas Álvarez e de Riquer Permanyer (2005, con traduzione spagnola), Winterbottom (1974, pp. 100-119, con traduzione inglese), Zanon Dal Bo (1987, con traduzione italiana). Il thema si legge anche con alcune variazioni rispetto al testo esteso negli Excerpta tardoantichi delle Controuersiae; vd. Håkanson (1989, p. 225).

55 

Rimane incerto il significato specifico di procurator in questo contesto: Winterbottom (1974Winterbottom, M. (1974) The Elder Seneca. Declamations, vol. II, Controversiae. Books 7-10, Cambridge, Mass.: Harvard University Press.) traduce con agent senza ulteriori spiegazioni; Zanon Dal Bo (1987Zanon Dal Bo, A. (1987) Seneca il Vecchio. Oratori e retori. Controversie/Libro VII. Estratti del libro VIII. Controversie/Libro IX, Bologna: Zanichelli.) con ‘intendente’ e annota: «le mogli ricche portavano di solito nella nuova casa un “servo dotale”, col compito appunto di custodirne la dote … ma se la dote era molto ricca vi si poteva aggiungere, o sostituire, un intendente ch’era di solito un liberto» (Zanon Dal Bo, 1987Zanon Dal Bo, A. (1987) Seneca il Vecchio. Oratori e retori. Controversie/Libro VII. Estratti del libro VIII. Controversie/Libro IX, Bologna: Zanichelli., p. 67); Stramaglia e Santorelli (2017Stramaglia, A. e Santorelli, B. (2017) [Quintiliano]. Il muro con le impronte di una mano (Declamazioni maggiori, 1), Cassino: Edizioni Università di Cassino., p. 17) intendono procurator come il tutore del figlio che l’uomo ha avuto in seconde nozze, ma Seneca, quando vuole specificare la funzione di tutore eventualmente ricoperta dal procurator, usa il termine specifico: Liceat mihi nutrire puerum; nec cum matre illi nec cum tutore conueniet (Sen., Contr. VII 5.2). Noi interpretiamo il termine in modo più generico come ‘amministratore’ del patrimonio domestico; vd. ThLL X.2 coll. 1573.48-1574.2. Tale interpretazione è adottata anche nella traduzione spagnola della controuersia senecana in cui si usa il termine administrador; vd. Adiego Lajara, Artigas Álvarez e de Riquer Permanyer (2005).

56 

Sulla causa congetturale doppia (ἀντικατηγορία) vd. Berti (2007, p. 116 e n. 3), Stramaglia e Santorelli (2017Stramaglia, A. e Santorelli, B. (2017) [Quintiliano]. Il muro con le impronte di una mano (Declamazioni maggiori, 1), Cassino: Edizioni Università di Cassino., p. 26). Sulla condanna da parte di Seneca della pratica degli exempla vd. Berti (2007, pp. 198-202). Per questa controuersia sono riportate le sententiae dei vari declamatori (Sen., Contr. VII 5.1-6), alcune osservazioni sulla diuisio, cioè sullo schema argomentativo (Sen., Contr. VII 5.7-8), e una rassegna di battute o espressioni infelici (Sen., Contr. VII 5.9-15), ma sono tralasciati in modo intenzionale i colores, cioè le particolari impostazioni espressive ed emotive scelte dai declamatori (Sen., Contr. VII 5.8, si qua sunt ex utraque parte difficilia, non colorem sed argumentationem desiderant; itaque, ne modum excedam, praeteribo).

57 

Sulle due declamazioni di Ps. Quint., databili rispettivamente alla metà e alla fine del II sec. d. C., vd. Krapinger e Stramaglia (2015Krapinger, G. e Stramaglia, A. (2015) [Quintilian]. Der Blinde auf der Türschwelle (Größere Deklamationen, 2), Cassino: Edizioni Università di Cassino.), Stramaglia, Winterbottom e Santorelli (2021Stramaglia, A., Winterbottom, M. e Santorelli, B. (2021) Quintilian. The major declamations, 3 voll., Cambridge: Harvard University Press., vol. I, pp. 2-109), Stramaglia e Santorelli (2017Stramaglia, A. e Santorelli, B. (2017) [Quintiliano]. Il muro con le impronte di una mano (Declamazioni maggiori, 1), Cassino: Edizioni Università di Cassino.). In particolare, in queste declamazioni la spada insanguinata è considerata un elemento essenziale per provare la colpevolezza del figlio. Il dettaglio della parete forata si legge anche in Sen., Contr. X 6: un tale si introduce nella casa di un ricco attraverso un foro nella parete per dimostrare che il ricco aveva tradito la città, poiché custodiva lettere del nemico.

58 

Sugli Excerpta di Seneca vd. Balbo e Boero (2020Balbo, A. e Boero, L. (2020) «Abbreviare per la scuola: gli excerpta di Seneca Retore», in Boehm, I. e Vallat, D. (éd.), Epitome. Abréger les textes antiques. Actes du colloque international de Lyon, 3-5 mai 2017, Lione: MOM Éditions, pp. 121-134. 10.4000/books.momeditions.10652, con ampia discussione della bibliografia precedente).

59 

La ferita è un elemento narrativo importante, poiché da Seneca sappiamo che molti declamatori, a difesa del figliastro, insistevano sulla superficialità della ferita inferta alla donna dall’amante; vd. Sen., Contr. VII 5.2 (Triario, leuiter uolnerare), VII 5.6 (Vario Gemino, leuiter uulnerata es), VII 5.9 (Fusco, destricta leui uulnere est cutis; Passieno, sic leniter te uulnerauit dextera illa; Cestio, quam leue uulnus esset; Bruto Bruttedio, amicam sauciauit; Romanio Ispone, ostende istud, quod amator tuus uellicauit; Sepulio Basso, adulteram strinxit), VII 5.10 (Licinio Nepote, non est istud uulnus sed ludentis adulteri morsus).

60 

Basti pensare a una sententia come nec odiosus parcere potuit nec quem mentiris amasse percutere (Ennod., Dict. 23.3), dove l’azione del figliastro è descritta con un abile uso combinato di parallelismo (nec … nec) e allitterazione (parcere potuit … percutere, quem mentiris amasse). Sull’arte della sententia nella pratica declamatoria vd. Berti (2007Berti, E. (2007) Scholasticorum studia: Seneca il Vecchio e la cultura retorica e letteraria della prima età imperiale, Pisa: Giardini., pp. 155-182). Per l’espressione uulnus ostendimus (Ennod., Dict. 23.1) cfr. Sen., Contr. VII 5.5 (Vario Gemino): ostende istud non uulnus sed argumentum. ostende uulnus (presente anche negli Excerpta).

61 

In un caso il termine mater è sostituito dal sinonimo genetrix: cum genetricis ferro membra describeres (Ennod., Dict. 27.3).

62 

Ennod., Dict. 23.2: dolens quod euasimus pugionem, telo famam insequitur, cui pro sexus uerecundia plus timemus.

63 

Sen., Contr. VII 5.2 (Triario), VII 5.5 (Giulio Basso), VII 5.6 (Porcio Latrone).

64 

Sui pregiudizi verso la nouerca vd. Raschieri (2022bRaschieri, A. A. (2022b) «Il nomen tragicum di matrigna: l’esito estremo di un motivo declamatorio (Ennod. dict. 15)», in Gasti (2022), pp. 147-158.).

65 

Sen., Contr. VII 5.1: Quis ferret te uoluntariam testem in forum uenientem, etiamsi uenires dictura pro filio? Il passo non è presente negli Excerpta.

66 

Sen., Contr. VII 5.1 (Triario): obicit priuigno parricidium, filio mendacium (presente anche negli Excerpta). Sen., Contr. VII 5.15 (Murredio): nouercam disputare contra filii sui testimonium (non presente negli Excerpta).

67 

Sen., Contr. VII 5.8: in hac controuersiaet duotres rei; nouerca enim procuratori coniungitur (non presente negli Excerpta).

68 

Sen., Contr. VII 5.1 (Arellio Fusco), miserrime puer, quamuis ipse pericliter, plus tamen pro te timeo: nimium fraternis insistis uestigiis; itaque iam tibi cum matre non conuenit. Ennod., Dict. 23.2: ad sententiam suam traxit paruulum nostrum, quem fuci nescium fabricata uerborum arte subuertit.

69 

Sen., Contr. VII 5.7: FVSCVS ARELLIVS debet, inquit, reus in epilogo desinere. optime autem epilogum defensioni contexit.

70 

Ennod., Dict. 21.1-2: Actio contra Quintilianum suscepta. ille enim patrem tuetur, nos filium.Numquid fas est aduersus Quintilianum nisi pro ueritate dicere?sine solacio oratoriae artis aequitas adseratur. In base ad alcune differenze tra i due testi, la critica è in dubbio se Ennodio conoscesse la declamazione pseudo-quintilianea nella forma che ci è stata conservata o avesse affrontato il tema con una certa libertà; vd. Bureau (2007, pp. 161-163), Håkanson (1986, pp. 2285-2290), Winterbottom (2003, pp. 285-286).

71 

Un riferimento a Sen., Contr. IV 1 si legge in López Kindler (2002López Kindler, A. (2002) Ennodio. Obra miscelánea. Declamaciones, Madrid: Gredos., p. 457, n. 207), seguito da Marconi (2022Marconi, G. (2022) Ennodio. Discorsi scolastici ed esercizi retorici, Roma: Città Nuova., p. 159, n. 3), a proposito del tema di Ennod., Dict. 19 (= 261 V., Dictio data Ambrosio in aleatorem qui agrum in quo parentes eius erant positi pro ludi pretio dedit); in realtà, il tema della controuersia senecana, di cui si conservano solo gli excerpta, è diverso (Amissis quidam tribus liberis cum adsideret sepulchro, a luxurioso adulescente in uicinos hortos abductus est et detonsus coactus conuiuio ueste mutata interesse. Dimissus iniuriarum agit). Inoltre, López Kindler (2002López Kindler, A. (2002) Ennodio. Obra miscelánea. Declamaciones, Madrid: Gredos., p. 471, n. 223), sulla legge declamatoria presente in Ennod., Dict. 21 (= 363 V.), ricorda che essa si trova anche in Sen. Contr. I 7, ma applicata a un caso diverso. Ancora più generica è l’osservazione di López Kindler (2002López Kindler, A. (2002) Ennodio. Obra miscelánea. Declamaciones, Madrid: Gredos., p. 473, n. 227) riguardo al termine myoparo di Ennod., Dict. 21.4 (= 363 V.) che fu usato anche da Cicerone, Sallustio e Seneca il Vecchio.

72 

Ennod., Dict. 22.1: non nos contra Aratorem dictionis pectus opponimus <sed> nec erumpentem in lucem laudis palmitem inimica falce truncamus, sed quem uerborum callem sequi debeat demonstrantes, scimus in illo nobis clarius, si eum praeferri contigerit, triumphandum, quia de nostro hausit quicquid deo amplificante de scientia opum largus effuderit. Sul rapporto tra Ennodio e Aratore vd. Zarini (2009Zarini, V. (2009) «Ennode et Arator: une relation pédagogique et son intérêt littéraire», in Galand-Hallyn, P. e Zarini, V. (éd.), Manifestes littéraires dans la latinité tardive: poétique et rhétorique. Actes du colloque international de Paris, 23-24 mars 2007, Parigi: Institut d’Études Augustiniennes, pp. 325-342.).

73 

Sull’oratio figurata nella declamazione latina: Breij (2006Breij, B. (2006) «Pseudo-Quintilian’s Major Declamations 18 and 19: Two Controversiae Figuratae», Rhetorica 24 (1), pp. 79-104. 10.1525/rh.2006.24.1.79), Breij (2015Breij, B. (2015) [Quintilian]. The Son Suspected of Incest with His Mother (Major Declamations, 18-19), Cassino: Edizioni Università di Cassino., pp. 77-88), Desbordes (1993Desbordes, F. (1993) «Le texte caché: problèmes figurés dans la déclamation latine», Revue des Études Latines 71, pp. 73-86.), Leigh (2021Leigh, M. (2021) «Seneca the Elder, the Controuersia Figurata, and the Political Discourse of the Early Empire», Classical Antiquity 40 (1), pp. 118-150. 10.1525/ca.2021.40.1.118), Pernot (2007Pernot, L. (2007) «Il non-detto della declamazione greco-romana: discorso figurato, sottintesi e allusioni politiche», in Calboli Montefusco, L. (a cura di), Papers on Rhetoric VIII. Declamation, Roma: Herder, pp. 209‑234.). Sull’oratio figurata in età tardoantica vd. Desbordes (1993Desbordes, F. (1993) «Le texte caché: problèmes figurés dans la déclamation latine», Revue des Études Latines 71, pp. 73-86., pp. 75-76), Calboli Montefusco (2003Calboli Montefusco, L. (2003) «Ductus and Color: the right way to compose a suitable speech», Rhetorica 21 (2), pp. 113-131. 10.1525/rh.2003.21.2.113). Pernot (2018Pernot, L. (2018) L’art du sous-entendu: histoire, théorie, mode d’emploi, Parigi: Fayard., pp. 188) ha stilato un decalogo sul tema del sous-entendu in ambito sessuale: «Commandements de la décence – Les organes ne nommeras – Aux métaphores recourras – La psychologie afficheras – La physiologie cèleras – Sur les mots tu joueras – De l’italique tu useras – Passer tu sauras – Le lecteur respecteras – Un peu de mystère laisseras planer – Sur l’essentiel tu te tairas».

74 

Sulle relazioni tra l’autore, il declamatore e i rispettivi pubblici vd. Mal-Maeder (2007Mal-Maeder, D. van. (2007) La fiction des déclamations, Leida – Boston: Brill. 10.1163/ej.9789004156722.i-193, pp. 41-64).

75 

Par. 1, nescimus, nos, ostendimus; par. 2, euasimus, timemus, nos, nos, ostendimus, nobis, nostrum; par. 3, habemus, che costituisce l’ultima parola del testo.

76 

Per l’uso della terza persona singolare: par. 1, uindicauit, aestimat, inueniat, necauit; par. 2, contendit, insequitur, conponit, traxit, subuertit. Per il passaggio alla seconda persona singolare: par. 3, desideras, mentiris, perdidisti, describeres.

77 

Una matrigna ha ucciso il marito e il figliastro (Dict. 15). Un figlio nega gli alimenti al padre anziano e lo porta alla morte (Dict. 17). Un tiranno ha posto la statua di un parricida tra le statue degli eroi (Dict. 18). Un giocatore di dadi ha ceduto, come posta di gioco, il campo in cui erano sepolti i genitori (Dict. 19). Un figlio parla contro il padre che non l’ha riscattato dai pirati e che ora chiede di essere mantenuto (Dict. 21). Sui rapporti familiari nell’opera di Ennodio vd. Raschieri (2022aRaschieri, A. A. (2022a) «Esempi animali e pietas filiale nella Dictio 17 di Ennodio», ACME 75 (1), pp. 57-77. 10.54103/2282-0035/19883 e 2023Raschieri, A. A. (2023) «Pietas erga parentes e legge di natura tra Valerio Massimo (5) e le controuersiae di Ennodio (dict. 17, 18 e 21)», Latomus 82 (4), pp. 765-786. 10.2143/LAT.82.4.3292694).

78 

Vd. supra par. 2.

79 

Queste somiglianze tematiche, come in altri casi quelle linguistiche, possono aver guidato il raccoglitore e ordinatore del corpus ennodiano; sulla costituzione di questa raccolta vd. supra nota 19.

80 

Vd. Raschieri (2022bRaschieri, A. A. (2022b) «Il nomen tragicum di matrigna: l’esito estremo di un motivo declamatorio (Ennod. dict. 15)», in Gasti (2022), pp. 147-158.).

81 

Sulla cura degli orfani in Ennodio vd. Marconi (2020Marconi, G. (2020) «L’insegnamento della cultura cristiana nell’Italia ostrogota: l’apporto di Ennodio, diacono della chiesa di Milano», Koinonia 44 (2), pp. 973-1001., pp. 994-998).

82 

Il testo latino è quello di Vogel (1885Vogel, F. (1885) Magni Felicis Ennodii Opera, Berlino: Weidmann., p. 325) con l’emendamento, da noi proposto, del tradito potuit in potui<s>t<i>; vd. supra par. 3.

83 

In apparato Vogel (1885Vogel, F. (1885) Magni Felicis Ennodii Opera, Berlino: Weidmann., p. 325) esprime il dubbio che sia da ritenere corretta la variante commenticia di T (Troyes, Bibliothèque Municipale, Ms 469), invece di commendaticia o commentaticia degli altri testimoni. In realtà, il manoscritto di Troyes (fol. 132r) conserva la lezione commentaticia; il medesimo errore si legge anche nell’apparato di Hartel (1882Hartel, W. A. (1882). Magni Felicis Ennodii opera omnia. Vienna: apud C. Geroldi filium bibliopolam Academiae.).